La prova della malafede del convenuto nei procedimenti UDRP dinanzi a WIPO
La prova della malafede del convenuto nei procedimenti UDRP dinanzi a WIPO

L'ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) fa riferimento al termine “tarnish” (la cui traduzione, considerato il contesto, potrebbe essere “corrosione”) solo nel Paragrafo 4(c)(iii) della sua Policy1, ove viene chiarito – a contrario – che la diluizione del marchio per finalità lucrative esclude ogni possibile condotta in buona fede da parte del Registrante.
Il tarnishment consiste in un deliberato tentativo di diluire il marchio di un terzo associandolo a contenuti “discutibili”, che possano danneggiarne la reputazione ed il valore commerciale: il reindirizzamento di un nome a dominio verso un sito con contenuti per adulti è la fattispecie tipica di questa particolare ipotesi.
Lungi dall'esprimere un giudizio sull'industria a luci rosse, è evidente che l'accostamento non autorizzato del marchio altrui ad argomenti di natura sessualmente esplicita sia un'evidenza automatica della malafede del Registrante, tanto più se il relativo – ed ignaro – titolare è coinvolto in attività diametralmente opposte (es: prodotti per l'infanzia, programmi radio di natura religiosa) o comunque distanti (es: intrattenimento nella televisione generalista) rispetto ai contenuti potenzialmente scabrosi oggetto di contestazione2.
In ogni caso, l'ICANN ha sottolineato in diverse occasioni che la malafede del marchio si configura nei soli casi in cui la finalità lucrativa del Registrante appare evidente3 e, invero, nella maggior parte dei casi “è risaputo che i pornografi si affidano a domini ingannevoli per indurre in confusione gli utenti, al fine di generare proventi dalla pubblicità pay-per-click, dal mouse-trapping e da altre pericolose tecniche di marketing online”4.
Pertanto, quando un domain name identico o simile ad un marchio altrui reindirizza verso una parking page contenente link a siti di natura pornografica, un arbitro può legittimamente ritenere che sia stato registrato e venga utilizzato in malafede. È questo l'unico caso? Sembrerebbe di no.
Anche il gioco d'azzardo (e, più in generale, il mare magnum di casino, poker, bingo, lotterie, corse di cavalli ecc. che compongono l'online gambling della Rete) può certamente “corrodere” un marchio il cui titolare non vuole vedere associato ad attività distanti dall'immagine di sé che si desidera trasmettere ai propri clienti. Così, “[…] le pratiche opportunistiche del Registrante corrodono il favore e la reputazione di cui gode il marchio legittimamente registrato dal Resistente attraverso il tentativo di creare una connessione percepita tra i servizi del Resistente ed il sito commerciale ed i links del Registrante e poi di trarre profitto da questa relazione illegittima”5.
Di nuovo, la finalità lucrativa è fondamentale per configurare la malafede avversaria, come evidenziato anche in altre decisioni dei Panelist WIPO che sembrano formare un ampio consenso in questa direzione. Va da sé che, senza un intento “remunerativo” e senza un concreto rischio di confusione tra il nome a dominio ed il marchio, il reindirizzamento verso un sito per adulti è un'attività legale e costituisce un'offerta di prodotti e servizi in totale buona fede6.
Il discrimen, come al solito, è da rinvenirsi nell'eventuale tentativo, da parte del Registrante, di “puntare” ad uno specifico brand al momento della registrazione di un dominio, ma anche nella natura stessa del marchio che si ritiene leso: se il domain name si caratterizza per la presenza di un termine distintivo, le chance di dimostrare la malafede avversaria saranno ben maggiori rispetto ad un dominio composto da un termine generico7.
In conclusione, l'intento ingannevole e lo scopo di lucro sono i due elementi che il Resistente dovrà “scovare” per dimostrare che il Registrante ha posto in essere una condotta in malafede, volta a corrodere il proprio marchio.